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Intervista al Presidente dell’Heraldc . Italiano

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INFORMASICILIA
Intervista al Presidente del Consiglio Araldico Italiano Istituto M.se Vittorio Spreti – Sua Grazia Don Francesco Alfredo Maria Mariano duca d’Otranto et Lipari
D. Signor Duca, ci parli innanzitutto di lei e del significato del suo titolo.
R. Oh, bene… ma è un discorso lungo… Parliamo di me come Cavaliere, come Duca o come Presidente del Consiglio Araldico Italiano – Istituto M.se Vittorio Spreti.
D. Direi di andare per ordine… della Cavalleria ci racconterà un’altra volta. Per ora ci parli del suo Istituto e del suo titolo.
R. L’Istituto di cui sono Presidente dal 1990 risale al 1948 e si trova a Padova, città in cui venne trasferito dopo essere sorto a Torino, dopo la cessazione della Consulta Araldica del Regno d’Italia, secondo quanto previsto dalla Costituzione della Repubblica italiana il Marchese Arardo Maria Spreti, mio amico e maestro, ora scomparso, se ne occupò sin dall’inizio, curando in particolare l’Enciclopedia Storico Nobiliare Italiana, promossa e curata nel 1932 dal padre il marchese Vittorio I e lasciata per degna continuazione nel 1994 Al nostro Istituto per la rivitalizzazione e salvaguardia in merito al corretto utilizzo dell’opera come anche il poderoso fondo archivio Spreti cui gli estremi cronologici della documentazione partono dal 1376 circa al XX secolo.


D. Ma allora che differenza c’è tra la Consulta Araldica del Regno d’Italia e il Consiglio Araldico italiano – Istituto M.se Vittorio Spreti?

R. Direi nessuna. Le funzioni sono le stesse., solo che la Consulta Araldica del Regno era regolata dalle norme e regole della Sovranità del tempo che fu.
D. E cioè?

R. Il mio lavoro e quello dei collaboratori è un viaggio nella Storia, condotto con rigore scientifico, metodo, ordine e competenza maturata negli anni, alla ricerca di un patrimonio privato, spesso ignorato o dimenticato, che riporto alla luce sottraendolo a strati e strati di polvere lasciati dallo scorrere del tempo.
D. Interessante… ma in che cosa consiste questo patrimonio privato?
R. E’ motivo di orgoglio nostro e dei nostri avi.

E’ un tassello che completa il grande quadro della Storia nazionale, famigliare e personale. E’ una ricerca di verità.
D. Ora siamo veramente curiosi… ci spieghi meglio.

R. L’Araldica è una scienza sussidiaria della storia che attribuisce forma di disciplina a una materia che trae dai simboli, colori, figure e complementi presenti negli stemmi, interpretandoli e classificandoli: in questo modo l’Araldica, in virtù dei blasoni, ha contribuito ad edificare e ricostruire così tanta parte degli avvenimenti delle italiche genti, la loro genesi e la loro interpretazione, richiedendo una lunga esperienza e un lungo lavoro nello scrivere la storia di una famiglia, ricostruirla nelle sue linee principali, rivendicandola da pochi frammenti di vita superstiti all’inesorabile opera del tempo, da essere tenuta in altissimo onore presso il nostro popolo di squisita tradizione cavalleresca, e da essere proclamata:

“la scienza della gloria” o, come fu chiamata dai nostri avi, “Nobilissima Armorum Scientia”. Scienza minuziosa e paziente, accessibile a pochi privilegiati, quali i nostri ricercatori possiedono per carattere e per vocazione una squisita sensibilità storica.
D. Diciamo allora che il suo Istituto si occupa di ricercare gli antichi stemmi delle famiglie nobili?

R. No. C’è molto di più. Innanzitutto il nostro lavoro è un’operazione culturale per la ricerca e la tutela dei valori storici, nobiliari, borghesi e cavallereschi. A ciò si aggiungono le ricerche genealogiche per risalire al quadro completo dei nostri avi, nonché ricerche storiche ed etimologiche per comprendere l’origine dei nostri cognomi.

D. Qual’è lo scopo di queste ricerche?
R. Molti tra i propri antenati annoverano avi illustri o meno. Certo è che questo tipo di ricerca può anche scoprire uno scheletro in soffitta, per esempio una nascita illegittima, un antenato “poco di buono”, ma rivelarsi anche molto utile per sistemare una situazione o raddrizzare un torto, rilevare un titolo nobiliare che si può rivendicare e addirittura delle eredità giacenti.
La ricerca genealogica, sulla linea retta infine, è la rappresentazione grafica dei nomi di ogni familiare diretto che ci ha preceduto. Siamo in grado di risalire anche a 20/25 generazioni, cioè 500/600 anni di fantastica storia famigliare.

Le ricerche sono delle vere e proprie indagini molto accurate, talvolta così difficili da durare anche degli anni. Sono centinaia i documenti che, tra atti di nascita, battesimo, matrimonio, morte e aggregazioni familiari e nobiliari, compongono la monografia di un albero, e per fare tutto ciò valenti nostri ricercatori diventano dei veri topi d’archivio in quanto sino all’Unità d’Italia (1861) troviamo parte dei dati nei municipi, mentre nelle parrocchie siamo in grado di risalire sino al Concilio di Trento (1545/1563), in particolare nel 1559 papa Pio IV con l’aiuto del nipote cardinale Carlo Borromeo nella XXIV sessione del Concilio tridentino impose ai parroci di tenere in lingua latina un registro del battesimi, delle cresime, dei matrimoni e delle sepolture che divennero di uso comune nei primi anni del ‘600.

Più indietro ancora possono venire in aiuto gli archivi di Stato, siti in ogni provincia, e gli archivi notarili, attraverso i quali si può risalire, a volte, sino all’XI secolo. Talvolta succede di dover rinunciare ad una ricerca genealogica per scarsità di notizie, dovuta a distruzioni, disastri, guerre che si sono succedute nei secoli e, in qualche particolare caso si rileva la non completa identificazione del padre, così lo scriba definiva un neonato con la sigla N.N. (Nomen Nescio) «non conosco il nome» con l’espressione «Non Nominato».

In questo caso siamo obbligati a non poter proseguire.
D. Duca, qualche curiosità?

R. Le confidenze non possono portare la firma di una buona penna soprattutto quando sono così personali …Scherzo!

La ricerca per noi é gioia, tormento e scoperta, casualmente una traccia, la seguiamo sviluppandola con tenacia e intuito sentendo con noi gli innumerevoli personaggi raccolti nelle nostre carte, vivendo la loro vita quasi uniti da uno spirituale legame a quel mondo scomparso, quanti ricordi! Quante amarezze, ma anche quante soddisfazioni!

Ad esempio nella ricostruzione di un albero genealogico un’ava del committente si era sposata per ben tre volte, il caso volle che i poveri mariti, tutti nobili e possidenti, dopo poco decedessero cosicché lei ne ereditava corposi cespiti e molti denari, ed ecco che al quarto matrimonio con un nobile milanese (avo del nostro committente) ben guardingo per la fine dei suoi predecessori scoprì in flagranza la bella e libertina moglie, la denunciò e fu processata e condannata a morte per veneficio.

D. Ha senso al giorno d’oggi parlare ancora di nobiltà, stemmi e dinastie familiari?

E la legge attuale cosa dice a tal proposito?
R. Direi innanzitutto che il desiderio di conoscere le proprie origini è sempre legittimo, anzi lodevole perché denota quella pietas di antica memoria per i nostri padri, che è sacro diritto alla Verità, alla quale ogni individuo da sempre ambisce.
Inoltre in certi ambienti esclusivi la consapevolezza delle proprie origini favorisce una migliore relazione sociale.

La Costituzione Repubblicana, intenzionata a non soffocare e lasciar perire parte del patrimonio storico della nazione (estrinsecatesi attraverso il rilascio del titolo di nobiltà) ma volendo insieme sopprimere la nobiltà come distinzione onorifica di una categoria d’individui, lasciò che i titoli nobiliari rimanessero come puro ricordo storico e valessero come parte del nome nei loro disgiunti predicati, o figurassero accanto al cognome, giusto la loro funzione di predicato ma solo per quelli esistenti prima del 28 ottobre del 1922 e se erano iscritti alla Consulta Araldica del Regno d’Italia oltre che avessero pagato la pertinente tassa. Purtroppo non corretta codesta determinazione della Commissione Costituzionale e revisionata dall’Assemblea Costituente di definire la non valenza delle prerogative reali dal 28 ottobre 1922 sino al referendum.

Tali peculiarità e annotazioni si rendono necessarie per non nuocere alla dignità storica posseduta del tempo dalla famiglia, onde il titolo diventa ricordo anagrafico, ossia biografia storica della persona, questa si può riportare dopo giusta istanza anche sul certificato di battesimo.
Pertanto, riteniamo che la Patria-Magistratura sia oggi l’unica autorità che dei diritti è l’organo accertatore e tutelare che deve ingerirsene – sia pure sotto il profilo della tutela del più geloso e delicato fra i diritti della personalità: quello del nome, per cui ha il compito e la potestà di accertare la legale esistenza di un titolo nobiliare in una determinata famiglia e di dichiarare la spettanza dei titoli e predicati annessi al medesimo.

Oggi, come gruppo di studiosi del diritto nobiliare, attenti e conservatori delle tradizioni della Storia-Patria siamo riusciti a coniugare la realtà giuridica con la virtù nobiliare, in quanto disquisire di elevazione nobiliare, oggi come ieri, non è anacronistico anche se ora in contrasto con gli orientamenti politici, filosofici e sociali che, alimentati da una logica di egualitarismo, vorrebbero negare storia e tradizione.

D. Oggi si può aspirare ad un titolo di nobiltà?

R. Ieri come oggi può essere concesso un nuovo titolo di nobiltà, di stemma, di predicato e di qualifica attraverso una istanza da farsi con l’ausilio delle credenziali del nostro Istituto avanti una sovranità pretendente con le potenziali e legali peculiarità della Fons Honorum. Tale titolo nobiliare con il pertinente stemma e predicato, se concesso varrà sulla linea del nobilitato per maschi e femmine anche all’infinito. Da non dimenticare che sia lo stemma che il titolo con predicato può diventare una ragguardevole Griffe aziendale.

Altresì si conducono accertamenti per perfezionare la qualità di Gran Maestro di Ordine Cavalleresco non nazionale ai sensi della legge italiana 3 marzo 1951, n. 178, come pure la qualità di Soggetto di Diritto Pubblico Internazionale inerente a pretendente titolare, in legittima successione magistrale di tutti i diritti originali alla spettanza e qualifica di Sovrano Principe Gran Maestro di Ordine Cavalleresco e/o di Pretendente al trono, con diritto inter alia, sia dell’Ordine che della persona che sulla pretesa territoriale, con certezza di legazione diplomatica attiva e passiva a condizione di reciprocità con altri soggetti di Diritto Internazionale Pubblico et ovviamente con Stati sovrani.

D. Lo stemma si può creare ex-novo oltre che registrare?

R. Si realizzano stemmi ed emblemi ex novo anche borghesi et per quelle persone cui la nuova concessione di nobiltà, purché emanata da un Principe pretendente che possegga la Fons Honorum, ossia la possibilità di concedere nuovi titoli, predicati e qualifiche e rivendicazioni di eredità giacenti il tutto viene registrato all’Agenzie delle Entrate di Stato e annotato sul Grande Armoriale Italiano.

D. Ci parli della Corte Arbitrale di Giustizia Nobiliare di Padova?

R. Certo siamo arrivati dopo non poche fatiche ed elaborato cesello giuridico attraverso lodo arbitrale, a far accertare la legittimità attuale del diritto affermato dal richiedente, ossia la spettanza del titolo, del predicato e dello stemma, avanti alla Corte Arbitrale di Giustizia Nobiliare di Padova per far assumere allo stesso lodo un provvedimento del Magistrato Ordinario con forza di sentenza, dichiarandolo, attraverso un Decreto di omologa, esecutivo nel territorio della Repubblica disponendone altresì la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana con l’ulteriore possibilità di esecuzione nel territorio degli Stati aderenti alla Convenzione di New York del 10-06-1958 (oltre cento), resa esecutiva in Italia con legge 19 gennaio 1968, n. 62. Questo anche per ricorsi di pretensioni sovrane, Ordini cavallereschi e Soggetto Pubblico di Diritto Internazionale.

Questa pietra miliare costituisce una verità incontrastabile rendendo giustizia alla nobiltà, alla Cavalleria e al diritto della Gens maiores e minores che vanta un’eredità di onore ed un patrimonio di virtù e di gesta.
D. Il Secondo Cognome cos’è?

R. La legge consente di abbinare al proprio un altro cognome, onorando il cognome materno, la memoria di un avo, le tradizioni di famiglia per nutrire le generazioni che verranno.

Noi apprezziamo l’aspirazione a riscoprire e valorizzare le proprie origini, non necessariamente nobiliari, e la cognomizzazione è il modo più moderno di rinnovare formalmente la storia della propria famiglia. La pratica di cognomizzazione s’instaura presso l’Ufficio territoriale del Governo di residenza, tenuto a esprimere il proprio parere favorevole riguardo all’accoglimento dell’istanza e noi ne curiamo la consulenza sino all’espletamento del Decreto Prefettizio.
D. E per finire, torniamo alla domanda iniziale… Cosa ci dice del suo titolo?
R. E’ un’eredità morale della mia famiglia, un patrimonio di virtù e avvincenti vicende di lignaggio di discendenza agnatizia patrilineare.

D. Un saluto ai lettori della nostra rivista?
R. Grazie direttore di avermi ospitato in questa Vostra ammirevole et interessante rivista divulgata e apprezzata in diverse parti del mondo, un plauso ai lettori che con fede antica e con la memoria che non si estingue per il bello, il buono e il gusto vi ssostengono, recando un contributo alle cause cui Voi di InformaSicilia siete dei nobili assertori.

D. Per avere delle informazioni e consulenze cosa bisogna fare?

R. Attraverso il link dell’Istituto che rappresento: www.consiglioaraldico.it (sito ristrutturazione), troverete tante altre informazioni utili, oppure potete scrivermi in privato a: presidenza@consiglioaraldico.it; info@ducamariano.it;

eques47@gmail.com., oppure chiamare in ore pomeridìane al portatile +39 331 8820266 . Vi aspetto in questa meravigliosa città a pochi chilometri dalla magica Venezia. Siate orgogliosi delle vostre origini, tradizioni e patrimoni personali perché sono forza innegabile della vita e fonte di energia in qualsiasi evoluzione di tempo, di società e di istituzioni.
Abbiatemi Don Francesco Alfredo Maria Mariano


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